GENERALITÀ

a cura di Pietro Forestieri - Aggiornato al settembre 2006

Si può, senza alcun dubbio, affermare che, oggi, le indicazioni e le controindicazioni al trattamento chirurgico dell’obesità grave sono compiutamente codificate e del tutto condivise. Per quanto concerne, invece, le specifiche indicazioni ai diversi tipi di intervento non vi è ancora un generale consenso né una pratica clinica diffusamente condivisa.
Le indicazioni specifiche ai diversi tipi di intervento, oltre che basarsi sui risultati registrati in base alla EBM, devono, praticamente, tenere nel debito conto anche le condizioni specifiche, personali ed ambientali. Condizioni relative al paziente (età, sesso, sovrappeso, distribuzione del grasso, composizione corporea, consumo energetico, complicanze, condizioni morbose, spettanza di vita, qualità della vita, livello socio-economico-culturale, motivazione e capacità collaborativa, supporto familiare ed ambientale, distanza geografica dal luogo di cura), all’intervento (esecuzione tecnica, risultati, complicanze specifiche, immediate e tardive) ed al chirurgo (capacità tecnica, cultura ed esperienza generiche e specifiche, struttura, sistema sanitario).


A prescindere da controindicazioni anatomiche specifiche, dalla possibilità pratica di seguire o meno un determinato follow-up e da fallimenti di procedure precedenti, potrebbero individuarsi, in linea di massima, delle indicazioni elettive per i diversi tipi di intervento. Una metodica restrittiva, ad esempio, potrebbe essere riservata ai casi con BMI inferiore, di età meno avanzata, in pazienti con un habitus favorevole (femmine ginoidi, maschi periferici), con una buona compliance e con comorbilità assenti, scarse o poco rilevanti.
E’, però, più facile, tutto sommato, indicare le plausibili controindicazioni alle metodiche restrittive che non le indicazioni in positivo per ognuna delle metodiche disponibili.
Metodiche restrittive non andrebbero consigliate a pazienti con ipercolesterolemia grave o diabete mellito, a pazienti con complicanze gravi in cui la riduzione ponderale è assolutamente indispensabile, a pazienti di età superiore ai 50 anni in cui è plausibile attendersi un difficile mutamento delle abitudini alimentari, a pazienti non collaborativi ed a pazienti con malattia peptica o da reflusso gastroesofageo.
Di converso, quindi, un intervento malassorbitivo dovrebbe essere più facilmente consigliabile a pazienti con BMI ed età elevati, a donne con disposizione androide del grasso, a maschi con adiposità centrale, a pazienti con scarsa compliance o con disturbi del comportamento alimentare o, ancora, a pazienti con numerose e serie comorbilità.
E’ pur vero, però, che, oggi, qualunque intervento, purchè effettuato con le dovute indicazioni, da un chirurgo esperto, in centri multi- ed interdisciplinari con elevati volumi di attività ed in pazienti collaborativi, comporta dei risultati buoni, ottimi o eccellenti in una larghissima percentuale dei casi ed in una misura nettamente superiore ai trattamenti non chirurgici.
Vale la pena ribadire, però, il concetto che questa chirurgia va effettuata in centri multi- ed interdisciplinari ad elevati volumi di attività, che possano offrire al paziente la scelta tra i vari possibili interventi e che gli possano garantire un ottimale follow-up. L’atto chirurgico in sè è solo una parte (e, forse, nemmeno la più importante) del trattamento chirurgico dell’obesità grave. Il trattamento ottimale non può assolutamente prescindere dalla presenza di un team bariatrico chirurgico completo, composto da una rete di specialisti dedicati (chirurghi, anestesisti, psichiatri o psicologi, dietologi o dietisti, endocrinologi, chirurghi plastici, endoscopisti, ecc.) che, globalmente, si devono fare carico della corretta indicazione alla terapia chirurgica, della migliore selezione dell’intervento, della gestione post-operatoria e precoce, della gestione a lungo termine e del follow-up.